mercoledì 21 marzo 2012

Lo scalpo dell'articolo 18 per la BCE

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 “Su temi delicatissimi quali il lavoro e i diritti dei lavoratori tra governo e parti sociali si sta consumando una commedia degli equivoci. Questa trattativa è iniziata parlando dei giovani, riconoscendone l’insopportabile condizione di precarietà e la totale assenza di diritti che interessa le false partite Iva e le 46 forme contrattuali di assunzione a tempo. L’evoluzione del tavolo tra esecutivo e sindacati sta andando purtroppo nella direzione opposta”.
Lo affermano in una nota congiunta il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, e il responsabile lavoro e welfare del partito, Maurizio Zipponi, che aggiungono: “L’IdV ha proposto e propone di intervenire sui 4 milioni di giovani precari, coprendo i buchi contributivi e retributivi generati dalle continue interruzioni del rapporto di lavoro. Oggi a palazzo Chigi non si parla di questo, ma, al contrario, si abolisce la mobilità, la cassa straordinaria per le aziende in grave difficoltà e poi quella in deroga per tutte le imprese che nel 2008 ne erano escluse. Si sostituisce tutto questo con una nuova assicurazione che, al massimo, dura 18 mesi e che coprirà una fascia sociale meno ampia rispetto a quella coperta con la cassa in deroga dal governo Lega-Berlusconi”.
Spiegano Di Pietro e Zipponi: “Sull’articolo 18 si sta riversando il solito e pericoloso accanimento ideologico. Ricordiamo, infatti, ai signori del governo che si tratta di una norma di civiltà che prevede il reintegro sul posto di lavoro per coloro che sono ingiustamente licenziati e che lavorano in aziende con più di 15 dipendenti. Stiamo parlando di circa cinquanta casi all’anno in tutta Italia. E’ evidente, quindi, che il governo non ha un soldo da investire sui giovani e su un nuovo welfare veramente europeo e preferisce colpire l’articolo 18, ben sapendo che anche se questo fosse modificato o abrogato, come vuole la destra estrema del Paese, non vi sarebbe nessuna crescita. Non è intaccando i diritti di chi lavora che si migliora l’economia italiana, ma combattendo corruzione ed evasione fiscale, riducendo drasticamente la burocrazia e garantendo finalmente l’accesso al credito alle piccole e medie imprese”. “Insomma – concludono – l’esecutivo rimanda ad epoca lontana i nuovi ammortizzatori sociali, ma interviene da subito sull’art.18, trasformandolo in una specie di scalpo da consegnare alla Bce e non certo all’Europa che è ben attenta a non colpire, in questa fase delicatissima,  i diritti e le capacità di consumo delle famiglie e dei lavoratori”.

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