martedì 14 febbraio 2012

Articolo 18? Niente a che fare con produttività

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Massimo Donadi
Sull’articolo 18 serve un’operazione verità. E non mi riferisco all’incontro segreto tra la Camusso e Mario Monti. Ci sia stato o no, non è questo il punto: lasciamo questo argomento agli appassionati di dietrologia. La questione è un’altra. Oggi, in Italia c’è un problema di produttività. E’ con questa dura e drammatica realtà che le aziende e i lavoratori stanno facendo i conti. E’ da qui che dobbiamo partire.
Chi pensa che l’articolo 18 possa essere strumento utile per rilanciare il sistema paese e far ripartire la produttività, sbaglia. E’ usare l’articolo 18 come specchietto per le allodole. Dopo aver innalzato l’età pensionistica, liberalizzare il licenziamento significherebbe rottamare i lavoratori dai 50 anni in su. Quale azienda, infatti, tra un lavoratore giovane e uno più anziano, seppure esperto, sceglierebbe di tenere un over 50 alla catena di montaggio? Usciamo dall’ipocrisia e guardiamo al cuore del problema.
Il deficit di produttività delle imprese italiane non si supera abolendo l’articolo 18 ed i vincoli che esso impone. Non sono certo i licenziamenti individuali, che l’articolo 18 tutela, che incidono sulla produttività, sono quelli collettivi, semmai, ad avere effetti.
Piuttosto, dunque, che liberalizzare i licenziamenti, creando una nuova stagione di conflitti, occorre cercare una strada diversa, che Italia dei Valori ha immaginato così: un percorso virtuoso che ottemperi le esigenze delle imprese e dei lavoratori, che punti ad aumentare la produttività unendo, con contrapponendo.
L’articolo 18, che limita i licenziamenti individuali e impone il reintegro per giusta causa o giustificato motivo, non va toccato.
Imprimere, di contro, una forte accelerata alle sentenze. Istituire, insomma, una sorta di Freccia rossa che in sei mesi, al massimo in un anno, stabilisca il reintegro del lavoratore.
Ridurre drasticamente la contrattazione collettiva. Stabilire 4 contratti nazionali al massimo, che regolano i principi inderogabili ed imprescindibili.
Puntare tutto su una contrattazione di secondo livello, stabilire accordi su base locale e non più nazionale. Il tessuto socio-economico del nostro paese è a macchia di leopardo e presenta difformità notevoli. Con una contrattazione locale, che non impone più vincoli uguali a tutti e per tutti, sia il lavoratore che l’impresa può trarre vantaggi. Come? Legando gli stipendi dei lavoratori alla produttività dell’azienda, ovvero maggiore produttività, stipendi più alti. E ancora, meno assenteismo, buste-paga più sostanziose. E ancora, abbattimento della percentuale di scarti nel ciclo produttivo, maggiori premi in termini di retribuzione al lavoratore.


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