mercoledì 2 novembre 2011

L’Italia può fare da sola le sue scelte

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Maurizio Zipponi
Nei paesi democratici c’è una via d’uscita naturale, indiscutibile e indiscussa, quando ci si trova in condizioni di emergenza democratica o finanziaria: le elezioni.
Da noi entrambe le emergenze si presentano contemporaneamente: si sommano, si intrecciano, si potenziano vicendevolmente. C’è un governo ormai clamorosamente privo di qualsiasi legittimazione democratica, che occupa il potere grazie agli esborsi e alle prebende ma che nel Paese è senza ombra di dubbio minoritario. Questo governo non è solo antidemocratico: è anche del tutto inaffidabile agli occhi del mondo e costituisce la più pesante tra le pietre al collo che stanno portando a fondo l’Italia.
Al contrario che in qualsiasi altra democrazia, però, qui la via d’uscita che molti e molto potenti indicano è l’opposto di quella che le regole democratiche imporrebbero. Non le elezioni, non il ricorso al popolo sovrano ma un governo tecnico di nome e tecnocratico di fatto, pilotato dalla banca centrale europea e reso forte proprio dal non dover rendere conto delle proprie scelte a nessuno se non ai vertici della Bce, cioè ad altri tecnocrati mai scelti da nessun popolo votante.
Più che mai bisogna quindi ribadire che la via maestra per uscire a testa alta e democraticamente dalla doppia emergenza democratica ed economica è quella che in qualsiasi altra democrazia verrebbe data per scontata e imboccata senza nemmeno discutere: dimissioni del governo ed elezioni politiche.
Se ciò non sarà possibile, se il coro assordante che sembra reputare il ricorso al popolo un rischio invece che un’opportunità e le pressioni interne ed esterne renderanno inevitabile una qualche sorta di governo tecnico, credo che l’Italia dei Valori debba mantenere fissa la bussola e non scostarsi di un millimetro dalla posizione che ha già assunto.
Questo governo dovrebbe restare in carica per un lasso di tempo molto breve e limitare la sua agenda a due soli punti: il varo non di una legge elettorale qualsiasi ma di una legge elettorale coerente con quella indicata dal referendum per cui è stata appena raccolta una marea di firme e una manovra economica finalmente in grado di fronteggiare la crisi e l’emergenza.
Sui connotati di questa manovra, però, conviene essere da subito molto chiari e assolutamente precisi. Noi concordiamo con la Ue sulla necessità di mettere in ordine subito i conti pubblici. E’ evidente che l’Italia non riuscirà a ripartire fino a che avrà nelle ali il piombo di interessi sul debito che ci costano un’ottantina di miliardi e passa ogni anno.  Ma quanto alle strade da seguire per raggiungere questo  non procrastinabile obiettivo, quello di sceglierle è un compito che spetta non alla Ue o alla Bce ma alla politica italiana.
Non c’è una sola via per arrivare alla risanamento dei conti e all’azzeramento del debito pubblico. Non c’è bisogno di essere colonizzati dalla Bce per farcela. L’Italia è il secondo paese manifatturiero d’Europa, il settimo paese più industrializzato del mondo. Possiede risorse, esperienza e competenza più che sufficienti per ripartire senza dover ricorrere a operazioni di macelleria sociale che oltre tutto, come proprio il caso greco dimostra, non servono neppure a rimettere i conti a posto.
Per questo, però, è necessario che salti il tappo che da anni blocca questo Paese. E’ necessario che il governo di Berlusconi, Tremonti, Sacconi e Brunetta tolga l’immenso disturbo che ormai rappresenta per tutti e che la parola torni al popolo sovrano.


1 commento:

Anonimo ha detto...

Ma che dite? Questo non è assolutamente il momento di chiacchere futili sulla democrazia dove in un discorso si infilano le solite venti parole che ogni politico-filosofo mette in un discorso. Serve un governo! Subito! E un governo abile, possibilmente tecnico, fatto cioè di persone che invece di saper parlare sappiano fare. Non è certo il momento di campagne elettorali e manfrine simili!