sabato 24 luglio 2010

24 Luglio 2010

La legalità non ha colore

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“E’ giunta l’ora di dividere il campo in due: da un lato il partito della illegalità a struttura e vertice piduista, dall’altro il partito della legalità. Il mio è un invito a Bersani e Fini: facciamo una coalizione nuova. Sia chiaro, però, che il mio campo resta quello del centrosinistra”. E' uno stralcio dell'intervista che ho rilasciato a "Il Riformista" che riporto, integralmente, qui di seguito.

DI PIETRO: “In una situazione grave come questa per battere il modello piduista al governo del paese c’è bisogno di dividere il campo in due in nome della questione morale. Anche perché le persone oneste esistono a destra come a sinistra. Mi rivolgo a Bersani e anche a Fini”.

IL RIFORMISTA: Nel 2007 lei e Fini avete presentato insieme un ddl contro la casta. Senza contare il sostegno missino alle inchieste di Tangentopoli.
DI PIETRO: “La legalità non ha colore politico. Quando le nostre inchieste scoperchiarono il malaffare della Prima Repubblica, i partiti che non avevano le mani sporche ci sostennero. E’ il caso del Msi di Fini ma anche della Lega di Bossi”.

IL RIFORMISTA: Fini dunque ritorna all’antico?
DI PIETRO: “Sta vivendo una fase di resipiscenza che spero porti a compimento. Chissà sarà stata la sua nuova vita privata. E’ una cosa che mi può fare solo piacere, ma bisogna essere conseguenti. Non si può lanciare la pietra e poi nascondere subito la mano”.

IL RIFORMISTA: Cioè?
DI PIETRO: “In Senato è stata respinta la richiesta d’arresto per un ex An, Vincenzo Nespoli. I finiani che hanno fatto?”.

IL RIFORMISTA: Per il momento quella di Fini è una battaglia dentro un partito devastato da cricca e P3.
DI PIETRO:“Una battaglia persa in partenza. La legalità non può convivere insieme con una struttura piduista. Lì dentro non è possibile una destra che rispetta le regole. Come possono stare insieme il Male rappresentato da Berlusconi e l’esempio eroico di Borsellino? Ah, se mi avessero ascoltato nel ‘94”

IL RIFORMISTA: In che senso?
DI PIETRO: “Sarebbero state sufficienti tre regolette. La prima: non candidare i condannati in via definitiva. La seconda: nessun incarico per i politici sotto processo. La terza: niente appalti per gli imprenditori con problemi col fisco e con la giustizia. Oggi avremmo avuto un’altra classe dirigente”.

IL RIFORMISTA: Invece siamo di fronte a un nuovo tsunami giudiziario.
DI PIETRO: “Stavolta è peggio”.

IL RIFORMISTA: Perché?
DI PIETRO: “L’altra volta il corpo era malato ma ci fu una operazione chirurgica per asportare il tumore. Oggi il cancro si è riformato, ma il corpo malato respinge le cure ed è in metastasi. E così si criminalizzano i magistrati e l’informazione”.

IL RIFORMISTA: Di qui il bisogno di una coalizione legalitaria.
DI PIETRO: “Io mi auguro una scomposizione, ma sempre in senso bipolare. Affrontando subito la riforma del sistema elettorale e la risoluzione del conflitto d’interessi”.

IL RIFORMISTA: A sinistra, i suoi critici sostengono da sempre che lei in realtà sia di destra.
DI PIETRO: “Guardi, io sono un liberale vero”.

IL RIFORMISTA: E in passato?
DI PIETRO: “Io provengo da una famiglia contadina molto tradizionalista in campo politico. Mio padre nel portafogli, accanto all’immaginetta della Madonna di Bisaccia, aveva due tessere: quella della Coldiretti e quella della Libertas”.

IL RIFORMISTA: Lo scudocrociato della Dc e la sua organizzazione collaterale dei contadini.
DI PIETRO: “Esatto. Per mio padre era una cosa automatica, non so come spiegarle. Gliele davano e basta”.

IL RIFORMISTA: E sua madre?
DI PIETRO: “Mi diceva di stare attento a non fare peccato votando per certe forze politiche. Poi, da magistrato mi sono slegato da ogni ideologia. Io sono per il libero arbitrio e per le persone oneste”.

IL RIFORMISTA: Viva il partito della legalità, allora. Da Bersani a Fini.
DI PIETRO: “Si, anche se ho un timore”.

IL RIFORMISTA: Quale?
DI PIETRO: “Più che Berlusconi, temo il berlusconismo che si è impadronito della società e che preferisce le scorciatoie. Oggi il berlusconismo esiste anche a sinistra, purtroppo”.

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