giovedì 1 dicembre 2011

Giù le mani dalle pensioni

Email Stampa PDF
La redazione IDVIl fiore all’occhiello del governo Berlusconi era stata la divisione del fronte sindacale, da una parte le dialoganti Cisl e Uil, dall’altra l’ “antimoderna” Cgil. E’ probabile che il nuovo governo riesca in tempi record ad azzerare quel perfido successo di Berlusconi e Sacconi ricompattando le tre confederazioni principali. Purtroppo il risultato, in sé positivo, è da attribuirsi a qualcosa che di positivo ha ben poco: alle voci (fortunatamente tutte da verificare) su un imminente intervento del governo sulle pensioni.
Secondo quelle indiscrezioni sono due i colpi di scure che i nuovi ministri stanno considerando:  portare da 40 a 43 gli anni di contribuzione necessari per andare in pensione  e, per fare anche un po’ di prontissima cassa, il congelamento dell’adeguamento delle pensioni stesse all’inflazione.
In entrambi i casi a essere colpiti sarebbero i più noti tra i soliti noti, i più tartassati da  anni, lustri e decenni: i pensionati. Il mancato recupero dell’inflazione, sarebbe poi una misura particolarmente pesante perché, in piena crisi, renderebbe ancora più poveri soprattutto i massimamente disagiati, quelli cioè che spesso percepiscono le pensioni.
La reazione di Cgil, Cisl e Uil stavolta è stata immediata e unanime. “Se fossero veri – dice Vera Lamonica, segretaria confederale Cgil – sarebbero provvedimenti inaccettabili”. “Diciamo un no deciso all’ipotesi del congelamento totale del recupero dell’inflazione”, conferma il segretario della  Fnp Cisl Gigi Bonfanti. Portare a 43 gli anni di contribuzione, conclude il segretario della Uil Angeletti “sarebbe un sopruso”.
Per ora, fortunatamente, sono solo voci. Dovessero mai rivelarsi qualcosa di più concreto, per il governo diventerebbe molto difficile adempiere al compito che giustamente si è da solo dato: rinsaldare la coesione sociale. Speriamo che se ne renda conto e sappia agire di conseguenza.

Nessun commento: