venerdì 22 luglio 2011

Corruzione. Di Pietro, Ddl per contrastarla e ripulire la politica

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La redazione IDV
“Quando arriva la magistratura vuol dire che il <>, in questo caso l’amministrazione della cosa pubblica, si trova ad affrontare una condizione irreversibile. Ripercorrere la strada del ruolo <> del potere giudiziario su quello politico, da un lato ci fa rischiare di tornare fra altri diciotto anni a denunciare nuovi scandali e, dall’altro, affida ai giudici un ruolo che non possono e non devono avere in quanto, coerentemente con quanto afferma la Costituzione, i giudici sono soggetti soltanto alla legge e, fino a prova contraria, le leggi vengono fatte dal Parlamento”. Lo afferma il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, nella relazione introduttiva alla sua Proposta di legge n° 3859 ‘Ratifica ed esecuzione della Convenzione civile del Consiglio d’Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, e della Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, modifiche al codice penale, al codice civile e altre disposizioni contro la corruzione’ presentata alla Camera dei Deputati. “Il nostro Paese - prosegue Di Pietro - soffre di un importante deficit di credibilità interna ed internazionale. L’Italia, infatti, nella classifica dei paesi onesti, diffusa da Transparency International, si trova al sessantasettesimo posto nell’indice della corruzione ed è proprio dalla politica devono arrivare le risposte”. In particolare, negli articoli della Pdl, che vanno dal 23 al 25, si fa riferimento a norme già presentate nell’ambito di alcune proposte di legge del gruppo dell’Italia dei Valori, volte a introdurre strumenti idonei a rafforzare il sistema di esclusione dei soggetti incandidabili dalle competizioni elettorali. Nell’articolo 23 si fa riferimento a quanti “non possono essere candidati e non possono ricoprire la carica di deputato poiché condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l’amministrazione della giustizia, o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche”. L’articolo 24 specifica che “Non possono essere candidati e non possono ricoprire la carica di membro del parlamento europeo spettante all’Italia coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per un delitto non colposo”. E, ancora, nell’articolo 25 vi è un esplicito riferimento a quanti “non possono ricoprire incarichi di governo per aver commesso un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l’amministrazione della giustizia o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all’articolo 640-bis del codice penale”. “Per ridurre il più possibile l’eventualità che soggetti in candidabili partecipino comunque alle competizioni elettorali - conclude Di Pietro - è prevista l’obbligatorietà di presentare, per ciascun candidato, un certificato che accerti l’insussistenza delle cause di incandidabilità”.

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