| Scritto da Fabio Evangelisti |
| Venerdì 27 Agosto 2010 14:22 |
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Qui, tuttavia, D'Alimonte ha colto la peculiarità di un consiglio comunale ridotto a rango di “comprimario”. Un eufemismo per dire quando ormai conti poco l'Assemblea di Palazzo Vecchio. Non si tratta, però, soltanto di un problema di legge elettorale. Quello che ci sta di fronte è anche un problema di democrazia interna ai partiti e di voglia e bisogno di partecipare e di discutere. Altrimenti non si spiegherebbe il disagio che si registra sia all’interno della maggioranza che nell'opposizione. Da una parte si è completamente schiacciati dall’esigenza di sostenere il Primo Cittadino, sempre e comunque. Sull'altra parte, invece, pesa la frustrante impossibilità di incidere nelle scelte di fondo per la città. Quel che ne deriva, talvolta, anzi spesso, è lo smarrimento degli interessi generali della città a vantaggio della cura di interessi particolari (ancorché legittimi). Penso, ad esempio, a quanto maggior spazio avrebbe potuto (dovuto) avere il dibattito su aeroporto e cittadella viola, sulla stazione Foster o sul Meccanotessile. La discussione che, invece, si sviluppa in spazi ristretti, il confronto fra le forze politiche che spesso si trasforma in rissa, finiscono per delegittimare il Consiglio e immiserire il ruolo del consigliere comunale, che ne esce mortificato. Se, prima dell’elezione diretta dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia, il ruolo dell’Assemblea era senz’altro spropositato, con conseguente instabilità e continuo ricambio di giunte e sindaci, ora assistiamo all’esatto contrario: un novello principe, forte del consenso elettorale, piega il consiglio (e le forze politiche) alle proprie esigenze e alla propria volontà, bypassando gran parte di quelle sane pratiche di concertazione e confronto cui l’Assemblea ha bisogno come l'aria. Una prassi, ripeto, che ritroviamo anche a Torino, a Bari come a Milano, ad Arezzo come a Carrara, a Greve in Chianti come ad Abbiategrasso o Roccacannuccia. Da qui il disagio di molti eletti che si manifesta anche con la ricerca di nuovo strumenti (questo sono i partiti) d'iniziativa ed azione politica. La questione, dunque, non è la legittimità o meno di questi sommovimenti – finché spontanei, assolutamente legittimi – ma domandarsi perché avvengano con tanta frequenza. Ieri, in una singolare coincidenza, mentre La Repubblica di Firenze si occupava degli equilibri e dei futuri scenari a livello locale, l’Unità, in cronaca nazionale, raccontava della “transumanza” - da un Gruppo ad un altro - di ben 121 (centoventuno) parlamentari. Anche per molti di questi (al netto degli opportunisti patentati) vale lo stesso ragionamento fatto per Palazzo Vecchio. Su tutti si pensi allo strappo dei deputati di Futuro e Libertà, che solo una lettura interessata e di parte può liquidare come 'squallida vicenda'. Scriveva Montesquieu: "Il potere corrompe, il potere assoluto corrompe assolutamente". E, a partire da questa considerazione, tracciò la teoria della separazione dei poteri, una pietra miliare per tutte le Costituzioni democratiche. |
domenica 29 agosto 2010
Il problema è lo svuotamento di funzioni delle assemblee legislative e consiliari
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