La giusta battaglia per il federalismo fiscale non può essere lasciata alla Lega Nord. Occorre lavorare per attuare a tutti i livelli e nel migliore dei modi la Legge delega 42/2009. Con l’approvazione in Commissione Bicamerale del decreto sul federalismo demaniale si è attivato il percorso di pubblicazione dei decreti attuativi sul federalismo fiscale. L’Italia dei Valori ha espresso voto favorevole ed è opportuno che la pubblica opinione comprenda le buone ragioni che stanno alla base di questo voto. Il tema del Federalismo fiscale è tipicamente una materia che si maneggia poco agilmente. Alcuni ne discutono pur non capendo bene cosa comporti (decentramento delle funzioni? Tassazione diretta? Trattenute delle risorse sul territorio che le ha generate), altri ne guardano le possibili ricadute politiche negli assetti tra nord e sud (perequazione), diversi altri cittadini non riescono invece proprio a comprendere di che si tratti. La Legge delega 42/2009 che da il via al c.d. Federalismo fiscale definisce un quadro molto chiaro sul riassetto dello Stato e, si potrebbe affermare, è anche una legge ben organizzata per la finalità che si propone. Aldilà di aspetti oggi molto controversi e dibattuti (su tutti cosa sia e come si calcoli la spesa standard che serve da “misurino” per comprendere se una regione spende molto od è virtuosa), il principio che viene affermato dalla Legge Delega è il seguente: occorre stabilire una proporzionalità tra quanto generato in termini di reddito da un territorio e quanto viene offerto in termini di servizio dal sistema pubblico in quel contesto, avendo sempre di mira la redistribuzione del reddito sul territorio nazionale. Per arrivare a questo livello di proporzionalità, vengono attivate previsioni importanti circa l’autonomia degli enti sulla spesa e sulle entrate, il coordinamento tra le amministrazioni dello Stato per il recupero dell’evasione, meccanismi di premialità e sanzionatori per gli enti che non rispettano gli equilibri economico-finanziari. Tutti questi principi, pure molto validi, si scontrano però contro un aspetto centrale e dirimente per attuare il federalismo: come si calcolano i redditi e la capacità contributiva presenti su un territorio e quindi il diritto ad avere più o meno servizi? E’ un nodo essenziale, non solo per capire se vi è proporzionalità tra diritti e servizi, ma anche per contrastare l’evasione e dunque per garantire entrate maggiori e stabili agli enti per la attività istituzionali che devono assicurare. Ruota attorno a questo aspetto di natura organizzativa e tecnica il successo del federalismo. Il perché è presto detto. La ricostruzione delle informazioni circa le persone, le aziende o gli immobili, detenute a vario titolo dalle amministrazioni locali (comuni, municipalizzate, regioni, provincie) e centrali (Agenzia del Territorio, Agenzia delle Entrate, Ministeri) consente agli enti di gestire l’aumento di competenze, con adeguati strumenti per rispondere alle richieste dei cittadini, riscontrare assenza dei requisiti di ammissibilità di domande presentate, contrastare forme di evasione od elusione su tributi erariali o locali. Permetterebbe inoltre di attivare quel colloquio tra varie Amministrazioni dello Stato che risolverebbe, finalmente, anche un problema annoso: la necessità per il cittadino di dover presentare le stesse informazioni ai vari sportelli della pubblica amministrazione pur essendo una di esse già in possesso dei dati richiesti. Questo scenario non è così lontano dall’essere attuato. È solo una questione di spinta e visione politica, perché gli strumenti per realizzarlo sono già disponibili e potranno produrre benefici e risparmi inimmaginabili. Incalcolabili. Alcune amministrazioni italiane hanno infatti già cercato di comprendere cosa significhi fare in concreto il federalismo fiscale. In Toscana ed in alcune altre realtà italiane, le regioni e gli enti locali hanno sviluppato degli avanzatissimi strumenti di elaborazione, che consentono di ricomporre tutte le informazioni riguardanti persone, famiglie, imprese, immobili. Si viene così a comprendere per ciascuno di essi una mole imponente di informazioni in modo riconciliato (dichiarazioni dei redditi, immobili, bonifici, utenze, automobili, ecc), che permettono di fare controlli rapidi ed incrociati su basi dati che ad oggi non dialogavano e di combattere così con efficacia l’evasione (sono stati infatti dotati i funzionari di ben 60 casi tipici di evasione che possono essere riscontrati sulle informazioni disponibili), verificare le domande sottoposte dai cittadini (agevolazioni, diritto a casa popolare, assistenza sociale, ecc.) o l’erogazione di servizi rilevanti (es. protezione civile, sicurezza), sulla base dell’effettivo diritto. È dalla volontà dello Stato e dell’Agenzia delle Entrate e del Territorio di voler condividere questo disegno, che si comprenderà quanto e se il federalismo fiscale costerà ai cittadini o diventerà motore di sviluppo. Se infatti le amministrazioni dello Stato si porranno in modo collaborativo, accettando l’idea che ogni ente partecipa in modo paritetico offrendo agli altri i propri dati, allora il disegno consentirà risparmi enormi allo Stato e benefici epocali per i cittadini. In alternativa, sarà una duplicazione di funzioni e quindi una esplosione della spesa pubblica, impossibilità di valutare richieste della cittadinanza, elusioni od evasioni locali ed erariali che si appoggeranno sulla incapacità della pubblica amministrazione di dialogare in modo efficace. Su questo nodo si basa, essenzialmente, uno degli aspetti nevralgici che dovranno essere sciolti nei decreti attuativi e sui cui ci sarà maggiore attenzione da parte di enti locali e Regioni.
Marco Cecchi è assessore IDV del Comune di Pontedera con deleghe alla trasparenza e ai servizi informativi e statistici Dario Gambino è responsabile IDV Pisa dell’Area Federalismo fiscale |
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